venerdì 13 gennaio 2012

SX/DX

Mi piace l'uguaglianza, l'idea che tutti nascano con le stesse opportunità e gli stessi, fondamentali diritti che derivano dall'essere umano. Questa è una cosa molto di sinistra, però mi piace anche l'idea che assieme a questi diritti fondamentali ci sia un altro tipo di diritti, la cui applicazione non può prescindere dall'osservazione di determinati doveri e dal rispetto delle regole stabilite, il che ci conduce al concetto di disciplina, e la disciplina è una cosa notoriamente di destra. Io sono per la disciplina, quindi sono di destra, e lo sono anche perché credo nella libertà di comprarmi una casa, fare una vita che non sia solo un tragitto casa-lavoro e viceversa, e perché credo che avere una gratificazione economica non sia una cosa malvagia. Sono molto di destra, in questo. Allo stesso tempo, però, sono un comunista duro e puro, un radicale, perché credo che la ricchezza possa essere lecita fino a un certo punto, che superata una certa soglia entri in un pianeta a sé stante in cui le regole condivise smettono di valere, e in cui tutto assume una dimensione iperbolica, grottesca. Per questo credo che la ricchezza spropositata sia un male, non soltanto da un punto di vista etico ma anche e soprattutto da un punto di vista oggettivo, matematico direi, perché se la bilancia pende troppo da una parte a un certo punto si ribalta. Nel mio mondo ideale nessuno può guadagnare più di tanto, anche se è un grande imprenditore che dà lavoro a migliaia di persone, anche se è un illuminato che ha migliorato la vita di tutti. Nel mio mondo ideale niente giustifica che un solo uomo possieda una quantità di denaro paragonabile al bilancio di un'intera nazione. Per questo motivo sono molto, molto di sinistra.
Mi piacciono tutti i tipi di giustizia: la giustizia sociale, il che mi rende parecchio di sinistra, e la giustizia dei magistrati, e quindi la giustizia data dal rispetto delle leggi. Spesso legge e giustizia non vanno di pari passo, ma come ho detto prima penso che non possa esistere società civile in cui vengano rispettati i diritti se prima non si stabiliscano le regole in base alle quali questi diritti possano essere esercitati, e le regole sono le leggi, e vanno rispettate anche se non ci piacciono, anche se non ci sembrano giuste. Molto, molto di destra questa idea.
Forse sono di destra anche perché credo che il diritto al voto non sia un diritto fondamentale e inalienabile, ma un diritto che uno deve conquistarsi. Il popolo deve decidere da chi deve essere governato, ma il popolo deve saper decidere, altrimenti il governo diventa populista, termine divenuto fin troppo familiare alle nostre orecchie. Io faccio fatica ad accettare che il mio voto equivalga a quello di un tizio che non sa qual è la capitale d'Italia, o che non conosce le regole fondamentali della democrazia in cui vive. Questo concetto in un certo senso crea cittadini di serie A e di serie B, e lo Stato deve prodigarsi perché non ci sia nemmeno un cittadino di serie B, ma poi esiste la coscienza e l'interesse individuale, e fino a quel punto lo Stato non riesce ad arrivare. Idea tremenda, di destrissima, questa.
Sono di sinistra perché credo nella pace e nella convivenza civile tra i popoli e le persone, e credo che per raggiungerla esista un'unica strada: il compromesso, il punto d'incontro in cui le due fazioni litigiose riescono a darsi la mano, magari ingoiando qualche rospo, ma ammorbidito dal pensiero degli scontri e del male che si sono evitati. Se nessuno vuole scendere a compromessi, se tutti sono inchiodati alla loro convinzione che può essere giustissima, ma che può anche andare contro ogni logica, buonsenso o umanità, allora il conflitto è inevitabile, a volte addirittura necessario. Sono di sinistra perché ammiro il Che e i partigiani che hanno combattuto e ucciso per difendere un'idea di libertà che è anche la mia, ma allo stesso tempo sono di destra, perché se reputo una guerra giusta non posso che essere di destra. Ma non posso essere di destra. D'altra parte sono sempre stato di sinistra. Forse non sono più di sinistra. Forse sono sempre stato di destra. Forse mi sono dimenticato cosa siano la destra e la sinistra, o forse dovremmo dimenticarcene. Forse dovremmo smettere di usare questi due termini come pezzi di granito inamovibili, perché le cose cambiano. Anche alcuni dogmi religiosi sono stati superati, possibile che i concetti di destra e sinistra siano più dogmatici dei dogmi?
Ma forse mi sbaglio, perché io non posso non essere di sinistra. A volte un po' tendente a destra, ma sostanzialmente di sinistra.
Chiamate uno psichiatra.

13 commenti:

  1. Concetti superati eppure sembra che comunisti e fascisti esistano ancora

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  2. Beh, quando trovi lo psichiatra giusto, mandami i suoi recapiti perchè anch'io trovo ormai del tutto politicamente angusti i concetti di destrsa e di sinistra, che sono stati costruiti a partire dai principi della rivoluzione francese.
    Potrei segnalarti anche un libro dedicato proprio alla politica dal punto di vista della distinzione tra destra e sinistra.
    E comunque non sono d'accordo su tutto ciò che dici, ma la discussione si farebbe troppo lunga e complessa.

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  3. Credo che il problema fondamentale non sia da quale lato uno stia,se i lati esistono ancora.
    Tutto risiede nel fatto che la giustizia e il buonsenso non ne di destra ne di sinistra.Qualsiasi estremismo è di per se sbagliato;ne abbiamo viste anche troppe di guerre,persecuzioni e repulisti etnici "giusti".

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  4. Citare Giorgio Gaber sarebbe banale.
    Anche io non condivido alcune frasi, ma comunque è un bel pezzo.

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  5. Sono curioso di sapere i punti di disaccordo. Le mie ovviamente sono opinioni personali, se condividete le vostre potrebbe nascerne una bella discussione!

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  6. Caro Ale, i punti di disaccordo si possono trovare se si sa bene quanto hai fatto sul serio e quanto invece hai scherzato! :-) Beh, ora sono io che sto scherzando! Quello che hai scritto mi piace molto, perché se si esce dalle logiche delle utopie, la strada giusta non può essere che quella di convivenza! Perché è assolutamente impossibile che tutti la possano pensare allo stesso modo. Però io sono convinto che ci sono delle giustizie dalle quali, da qualunque parte si stia, non si può assolutamente prescindere! Un abbraccio

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    1. E sono proprio queste giustizie che, alla fine, ci fanno essere di sinistra!

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    2. Caro Nico, ovviamente c'è uno spunto provocatorio, ma le opinioni che ho scritto sono serissime, ed è chiaro che la vera differenza si giochi alla fine nella priorità e nel peso che si dà ad ognuna. Era da tempo che volevo scrivere questo pezzo perché sono un po' stufo di sentirmi "sbagliato" perché reputo certe cose più importanti di altre, o perché alcune idee sembrano davvero stonare in uno come me che si è sempre dichiarato di sinistra senza tentennamenti. Nel profondo so che non potrò mai definirmi di destra e nemmeno di centro, ma allo stesso tempo mi rendo conto che il mondo cambia in maniera vertiginosa, e che quindi molte categorie con cui si è descritto fino ad ora non valgono più come prima. Ma stai tranquillo, io non potrò mai e poi mai fare il salto della quaglia, come si dice in gergo!

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  7. Ti avevo lasciato ragazzo imberbe, ora ti rivedo nerboruto.
    Credo che la sinistra sia un bagaglio storico, e proprio per questo molto importante. E'ciò da cui veniamo, come Paese, per la guerra di liberazione. Ma dovrebbe essere anche una forma mentale per saper interpretare questo mondo alla deriva.

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    1. A dire il vero ho iniziato a farmi la barba in prima liceo...:-) A parte gli scherzi, come ho scritto sopra questo pezzo vuole essere uno spunto per dire che essere "di destra" o "di sinistra" non significa che ci si debba attenere a una lista di precetti stabiliti e immutabili, perché la realtà che ci circonda è tutt'altro che immutabile. Come dici te, deve essere una forma mentale. Mi sono reso conto di questa cosa quando ho sentito gente di partito, uomini militanti prima nel PCI, poi PDS, poi DS e infine PD (quindi non "cittadini medi", quelli che cambiano preferenza a ogni elezione), parlare in merito all'immigrazione come i peggiori leghisti. Che è successo? È successo che non hanno capito il mondo che è andato avanti. Sono rimasti indietro. Questo è un esempio estremo, ma serve per far capire che anche la convinzione più incrollabile, a volte, va messa in discussione. Senza contare che ho sempre vissuto male la contraddizione a mio parere più evidente della sinistra, quella che incensa giustamente le lotte partigiane e le rivoluzioni e allo stesso tempo si pone contro la guerra senza se e senza ma. Se trovo qualcuno che riesce a spiegarmela ha tutta la mia ammirazione.
      Addirittura nerboruto? Mamma mia, non so se prenderlo come un complimento...

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  8. @Alessandro: sono in disaccordo in parte sulla tua posizione riguardo al compromesso, perchè credo che ci siano questioni ferme e persone con le quali la mediazione è inammissibile e il conflitto è assolutamente necessario. Una su tutte, l'antifascismo. Non si può, ad esempio (mi riferisco al recente dibattito cresciuto dopo la strage razzista di Firenze), non condannare in maniera inequivocabile, tollerare o difendere apertamente l'organizzazione, la propaganda e l'esistenza di gruppi come Casapound, atteggiandosi a "sinceri democratici", riempiendosi la bocca e poi risputando il diritto alla libertà di pensiero e magari cercando pure di giustificarsi facendo passare per nazista chi non ammette questa transigenza. Perchè o si è antifascisti o si è fascisti. Non esiste una terza opzione a-fascista, non esistono mezze misure.

    In collegamento anche a questo e alla tua risposta a Sara, non condivido la definizione che usi di guerra. Semplificando un po', io condanno la guerra, che intendo come aggressione rapace dall'alto di un potente ai danni di un debole, e sostengo l'insurrezione, la rivolta e la resistenza che nascono dal basso contro un'oppressione. Stesso discorso vale per la questione della "violenza".
    (Riguardo ai "militanti del Pd" che citi non so proprio cosa dirti, se sono gli stessi ipocriti schifosi che osannano le lotte che infiammano mezzo Medio Oriente ma contemporaneamente si mostrano sconvolti per un sasso tirato in Val di Susa o per una vetrina spaccata il 15 ottobre a Roma).

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    1. Ross, hai ragione, ci sono questioni che non prevedono vie di mezzo. Io non potrò mai essere nient'altro che antifascista, stai certa. C'è però una miriade di situazioni in cui io faccio davvero fatica a stare radicalmente da una parte. Riguardo al conflitto israelo-palestinese, ad esempio, io non riesco a identificare gli israeliani con i cattivi e i palestinesi con i buoni, perché so - ne ho esperienza diretta, conosco molti israeliani grazie all'università - che buona parte degli israeliani vuole la stessa cosa dei palestinesi, vale a dire una convivenza civile tra due stati sovrani. Purtroppo i governanti la pensano in maniera diversa, e così si crea un conflitto estenuante che non fa altro che fomentare gli estremismi. Questo è l'esempio più lampante che mi viene in mente di una situazione in cui un compromesso possa essere una soluzione. Purtroppo viviamo in un paese in cui questa parola ha assunto l'accezione negativa di inciucio. Ma se la pensiamo sempre così, allora anche la nostra Costituzione è il frutto di un "inciucio" tra comunisti, socialisti e cattolici, e non mi pare sia venuta così male...

      Guerra. Messa nei termini in cui l'hai descritta posso essere d'accordo con te, però capisci che in questo modo una posizione radicale contro la guerra non ha molto senso? Perché è vero che i conflitti hanno significati opposti se nascono dal basso o dall'alto, ma alla fine il risultato in termini di spargimento di sangue non si discosta molto. Se si parte dal presupposto che il conflitto armato è da evitare in tutti i modi possibili, ma che a volte risulta inevitabile, la posizione radicale tenuta da certa sinistra non può non suonare stridente alle mie orecchie, e anche un po' facilona. Opporsi sempre al conflitto quando non si ha la responsabilità di prendere determinate decisioni permette di incassare consenso in modo molto semplice, ma quando c'è da governare (e io spero con tutto il cuore che capiti il prima possibile), bisogna saper applicare i propri principi alla realtà, ovviamente senza snaturarli, ed è una cosa molto, molto più difficile che dire sempre "no" senza tenere conto della situazione. Per tornare a una cosa di cui ho già parlato, che senso ha la posizione di un partito che dice "No alla guerra e no a Gheddafi"? Suona benissimo, ma come si può tradurre in qualcosa di concreto?

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  9. Dì la verità: l'hai preso dal diario segreto (ma neppure tanto) di D'Alema, eh? :-)
    Scherzi a parte, quanto scrivi è condivisibilissimo. Peccato solo che mentre noi stiamoa ncora a interrogarci sul peso delle ideologie, gli attuali partiti politici se le siano dimenticate da un pezzo ed ora siano distinguibili solo per via dei leaders (l'UDC? Ah, quello con i capelli bianchi e la frangetta! Il PD? Ah, quello con il pelato triste che fa il verso a Crozza! Il PDL? Ah, quello con il pelato allegro tutto truccato che fa le maialate...).

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Rispettate le regole del buonsenso e della civiltà, e una firma non guasta mai. Nascondersi dietro ad un "anonimo" è solo un modo per non prendersi la responsabilità di ciò che si dice.