martedì 10 luglio 2018

La crepa della coscienza

La scena più agghiacciante di “2001: odissea nello spazio” è l’uccisione da parte di Hal dei membri ibernati dell’equipaggio della Discovery. In una sequenza glaciale Kubrick mostra il monitor che controlla i parametri vitali degli esseri umani sotto ghiaccio segnalare un malfunzionamento. Le linee che evidenziano l’andamento dei battiti cardiaci, degli atti respiratori e delle funzioni metaboliche si appiattiscono una dopo l’altra fino alla comparsa dell’avviso definitivo: “Funzioni vitali cessate”.

On e off. Siamo macchine fragili il cui interruttore è ben nascosto negli acidi nucleici, o nell’interstizio, o chi lo sa dove. I segnali di malfunzionamento a volte si manifestano con chiarezza, a volte sono sfumati e fuorvianti, a volte sono impalpabili, tanto da essere derubricati a “sensazioni”. A volte l’avaria c’è ma non si vede, a volte compare improvvisamente, prima non c’era nulla e ora c’è, l’interruttore va giù in un lampo e tutto finisce.

Il paziente dice di aver avvertito un senso di peso toracico dopo aver bevuto velocemente dell’acqua molto fredda. Non ha fatica respiratoria, né nausea, né sudorazione fredda. Al momento della visita la sintomatologia è già migliorata grazie, a quanto pare, a un bicchiere di acqua e limone. Il collega lo visita attentamente e non trova nulla di anomalo: pressione perfetta, obiettività toracica, cardiaca e addominale nella norma. L’anamnesi del paziente parla solo di ipertensione già in terapia. La diagnosi è fatta: con questo caldo incappare in una congestione è frequentissimo. Il collega chiede al paziente se vuole fermarsi ancora un attimo per attendere che i sintomi passino del tutto, ma tutto sommato dice di stare meglio e si avvia verso casa.

Passiamo le successive tre ore a combattere con le zanzare. Il paziente sfuma velocemente nella nostra memoria, non abbiamo dubbi sulla nostra condotta e l’assenza di dubbi accelera il processo di archiviazione.

Tutto si interrompe quando una voce tremolante ci comunica al telefono che il paziente, poco dopo la nostra visita, è venuto a mancare.

Off.

Il supercomputer che governava la vita di quell’essere umano ha spento l’interruttore nella maniera più beffarda. È un pensiero razionale, terribile e tuttavia rassicurante, o perlomeno, dovrebbe rassicurarci.

In realtà la perfetta macchina umana ha un’imperfezione che ha a che fare con la nostra coscienza e tutte quelle sensazioni che agiscono a un livello sconosciuto. Quella cosa che ti fa odiare o innamorare all’istante, quella cosa che percepisci come gli animali percepiscono il pericolo, o i temporali in arrivo. È quella cosa che ci fa prendere decisioni geniali o affrettate, e che ci può affondare in una marea di domande irrisolte. Questa imperfezione è una crepa attraverso cui filtrano le percezioni di cui non abbiamo contezza, ma che possono determinare in maniera decisiva le nostre azioni.

Da quella sera la mia personalissima crepa è diventata un canyon da cui le domande non smettono di sgorgare: avremmo potuto (dovuto) agire diversamente? Sarebbe cambiato qualcosa se l’avessimo mandato immediatamente in pronto soccorso? Il racconto del paziente ci ha forse ingannati, facendoci trascurare oltremodo quell’anomalo senso di peso, o forse, più semplicemente, non è scattato l’interruttore misterioso che ti fa dire, a scapito dell’obiettività che hai davanti, “questo paziente non mi convince”?

Sono domande a cui tento di dare una risposta razionale convincente, le stesse che darei se la faccenda non mi riguardasse in prima persona. Probabilmente è stato un evento che nessuna decisione alternativa avrebbe modificato, probabilmente nessun altro avrebbe fatto qualcosa di diverso da noi.

Probabilmente.

La verità è che il sesto senso funziona come una slot machine: tu puoi buttare soldi all’infinito, ma il jackpot salta fuori quando gli pare. L’unica cosa che conta è accumulare tante monetine nel sacchetto dell’esperienza.

Niente però potrà sigillare quella crepa. Per fortuna, direte voi, e forse avete ragione. Credo sia uno degli elementi fondamentali del nostro lavoro.

Ma quanto è dolorosa, a volte.

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