martedì 14 dicembre 2010

Dei ex machina

Attorno al tavolo rotondo stavano molte sedie. Figure silenziose si avvicinarono ad una ad una e presero posto. Era una compagnia eterogenea: giovani e vecchi, cravatte e maglioni, agende e faldoni di carte, megafoni e macchine da scrivere. Ognuno sedette al proprio posto, con il proprio armamentario dinnanzi. Si guardarono negli occhi ad uno ad uno, lentamente, e all'unisono voltarono la testa verso un uomo anziano, con gli occhiali spessi, che in quel momento si stava accendendo la pipa. Alzò gli occhi e rise: "Devo proprio iniziare io?".
"Chi meglio di te, Sandro?". A rispondere fu un signore canuto, dalla voce e l'aria gentili.
"Va bene Enzo. Signori, siamo qui perché la situazione è grave". Mentre parlava sbuffi di fumo uscivano dagli angoli della bocca.
"Ma tu guarda", sghignazzò qualcuno. Era un uomo calvo dalla voce forte, che si agitava sulla sedia come se stesse sui tizzoni ardenti.
"Lo so Indro. Lo sappiamo tutti. Ma non spettava più a noi tentare di cambiare le cose. Noi ci abbiamo provato, ognuno a modo suo. Qualcuno non è stato ascoltato, qualcun altro non ha avuto il tempo di essere ascoltato, altri ancora hanno pagato più duramente il loro desiderio di cambiamento". Abbracciò con uno sguardo gli uomini e le donne che lo circondavano. Prese la parola un signore dai capelli scuri, gli occhi timidi puntati sulle mani che si contorcevano sul tavolo: "Ci ho provato, ci ho provato, accidenti a me, nessuno è stato a sentire".
"Non dannarti Enrico, lo sappiamo tutti. Qui tutti ci han provato".
"Abbiamo fallito!", gridò un giovane con il volto pieno di barba.
"No Peppino, non abbiamo fallito. Nessuno di noi ha fallito: né io, né tu, né Mino, né Giorgio, né Paolo. Finché qualcuno ricorderà e racconterà, nessuno fallirà. Ma oggi è un giorno difficile per tutti loro, forse il più difficile da quando esiste la Repubblica Italiana".
"Anche più della guerra?", disse un uomo dagli occhiali molto spessi, elegantissimo in un completo anni '50.
"Sì, anche più della guerra", rispose Sandro. "Ce l'hai insegnato tu, Piero, quanto sia importante il rispetto delle istituzioni e la cultura della Costituzione. Oggi tutto questo è in pericolo più che mai. Guarda il putridume in cui è precipitato il Parlamento, guardiamo tutti". Aveva le lacrime agli occhi. Enrico si mise le mani nei capelli.
"Ed è in pericolo", riprese Sandro, "perché la disperazione serpeggia tra i giusti. La rassegnazione sarà il nostro fallimento".
"E cosa possiamo fare, noi?", chiese un uomo con i baffi. Tra le mani rigirava un'agendina rossa.
"Oggi possiamo fare molto. Oggi possiamo dare ai giusti l'opportunità di ripartire da zero".
"E perché possiamo farlo? Perché proprio oggi?", incalzò l'uomo con l'agenda rossa.
"Perché oggi, Paolo, si sono barricati. Guarda: quello che una volta era il Parlamento oggi è diventato una fortezza inespugnabile. La paura che hanno riversato sugli italiani si è rivolta contro di loro. Oggi il Parlamento è, definitivamente, in un posto che non ha nome, ma che certamente non è l'Italia".
"Cosa proponi di fare?", chiese Enzo.
"Non è una mia decisione. Se siamo qui è perché sappiamo tutti quello che è giusto fare in questo momento". Da una tasca estrasse un telecomando tutto ammaccato, poi si rivolse all'uomo seduto a fianco di Paolo. "Sono passati diciotto anni da quando questo telecomando è stato usato la prima volta. Ricordi, Giovanni?".
Giovanni sorrise.
"È arrivato il momento di riutilizzarlo. Sarà terribile, ma sarà la cosa giusta da fare. La speranza a volte passa attraverso l'oscurità più totale".
Enzo si alzò: "Siamo sicuri che sia davvero la cosa giusta? La speranza deve davvero passare attraverso nuovo sangue?".
Sandro lo guardò: "Purtroppo sai già la risposta, caro Enzo. Tu ed io abbiamo già combattuto, e adesso quello che serve, ai disperati laggiù, è la speranza che combattere ancora serva a qualcosa".
Enzo si risedette. A fianco a lui un signore gli diede una pacca sulla spalla: "Fidati di un bischero come me, Enzo".
"Fidati di Mario, Enzo. Fidiamoci tutti. È la cosa giusta da fare", disse Sandro, e tutti annuirono. Si alzò, si avvicinò a Giovanni e gli porse il telecomando. "Giovanni", sussurrò Sandro.
Il giudice afferrò il telecomando e pronunciò la sua ultima sentenza. Non ci fu appello.

In ordine di apparizione:
Sandro Pertini
Enzo Biagi
Indro Montanelli
Enrico Berlinguer
Peppino Impastato
Mino Pecorelli
Giorgio Ambrosoli
Paolo Borsellino
Piero Calamandrei
Giovanni Falcone
Mario Monicelli

19 commenti:

  1. Mi fa pensare a "V per Vendetta".
    Mario chi è?

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  2. Io mi fido, IO! L'unica fiducia buona! SPEGNI! ;)

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  3. ad avercelo davvero quel telecomando...

    Il fatto è che si è creata una sovrastruttura davvero troppo solida, il potere si è richiuso in se stesso in una situazione orwelliana ed è davvero difficile pensare che con strumenti democratici si possa riuscire a sovvertire quest'ordine.

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  4. Sei un grande Ale, se per caso ci fosse bisogno di ripeterlo!
    E, a proposito di telecomando, voglio condividere con te una cosa. Oggi sono stato tutto il giorno a casa, ho avuto da fare per preparare una presentazione. Ma il telecomando non l'ho nemmeno toccato! E così non ho assistito ad alcun teatrino. E ho fatto bene!

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  5. Finalmente una storia con gente viva anche se defunta da anni. Che ci vogliano dei defunti vivi per spegnere dei morti viventi è il colmo. E un monito terribile nei nostri confronti.

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  6. Dei defunti vivi per spegnere dei morti viventi. Web runner non avrebbe potuto dire di meglio.

    (Elegante il nuovo aspetto del blog. Ti faccio solo un appunto sul font di scrittura, che risulta praticamente illeggibile. Il times sul web è ostico per la vista e la scorrevolezza).

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  7. @Ross: hai ragione, me ne sono accorto. Mi sono fatto prendere dall'entusiasmo per i nuovi font di Google. Vedo se c'è qualcosa di più leggibile, altrimenti torno al caro vecchio Georgia...

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  8. Bello, bello, bello, però in una prima stesura avrei lasciato i nomi senza link esplicativi, con una nota a fine articolo per i più tonti. :)

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  9. @Mr. Tambourine: all'inizio non avevo inserito i link, poi ho pensato che effettivamente qualcuno non avrebbe capito... Ma la tua soluzione è molto più elegante e l'ho seguita! Grazie mille!

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  10. Che grazie alla nostra memoria quell'"ordine di apparizione" non diventi mai "ordine di sparizione" come qualcuno vorrebbe! Perché ha ragione web runner: siamo governati e circondati da MORTI, ma nei cimiteri stanno sepolti moltissimi VIVI!

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  11. Mino Pecorelli, no, proprio no, anche se nessuno deve morire di morte violenta. Ma gli altri, sono grandi della Repubblica!

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  12. Concordo con Web Runner anch'io anche se forse Pecorelli come dice Maini...

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  13. Ti confesserò una cosa: so che gli altri hanno interpretato il telecomando come qualcosa che spegne, e sicuramente hanno ragione loro. Io no, io quel telecomando usato 18 anni fa avevo pensato servisse a qualcos'altro. E a quello no, a quello non sono pronto. Non lo sarò mai.

    Quel giorno, il giorno in cui il telecomando è stato usato, io non ero molto lontano da lì. Ero a mare, dalle parti di Capaci, e ricordo, nell'ordine: un boato; le nuvole che nonostante fosse maggio si addensarono (non so perché, ma quando scoppia una bomba ci sono sempre le nuvole: anche il 19 luglio, in piena estate, a Palermo, c'erano); le sirene; gli adulti che vanno via e cercano di capire; una radio che gracchia un urlo da Cavalleria rusticana, "hanno ammazzato a Giovanni Falcone". E no, non voglio vederle più quelle scene.

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  14. Scusate se rispondo solo adesso, ma tra esami e casini pre-natalizi il tempo è poco...

    Pecorelli è effettivamente una figura che stona un po' tra i colossi che lo circondano. Probabilmente le sue azioni avevano scopi molto meno nobili degli altri. Ma quando ho immaginato questa scena la prima cosa che mi è venuta in mente è il folgorante inizio del "Divo", in cui sono riassunte in pochi secondi tutte le morti oscure di questo paese. Tutti quelli che hanno tentato di scavare un pochino sono finiti male. Vorrei semplicemente dire che per cambiare questo paese, secondo me, non occorrono eroi, ma persone normali, che possono essere discutibili, ma normali.

    SIlas: hai colto nel segno. Nella mia testa è partito tutto dal dito di Falcone che fa saltare per aria il Parlamento con lo stesso telecomando che l'ha ucciso, approfittando dell'isolamento in cui si è chiuso in occasione della fiducia. E' un immagine dura, me ne rendo conto, ma ho voluto metterla giù in questi termini perché credo che abbia una forte valenza simbolica. Come dice alla perfezione il corridore, vuole essere un monito nei nostri confronti, perché la situazione è davvero esplosiva, e il rischio che qualcuno azioni davvero quel telecomando è concreto. Ma come ho già detto altre volte, questa classe dirigente, Berlusconi in testa, è l'effetto dell'inerzia del "popolo" italiano, sempre pronto a farsi abbagliare dal despota di turno. In questo senso Monicelli ha perfettamente ragione: finché in Italia non ci sarà una vera rivoluzione, una rivolta delle coscienze, in questo paese si ripeteranno sempre i soliti errori, anche dopo Berlusconi.

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  15. Sai cosa mi ha colpito della tua lista? che non ci fosse nemmeno una donna.
    Cioè in tutti questi anni di Repubblica non siamo riuscite ad emergere dalle retrovie del potere!

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  16. Ale...però a questo nuovo look del tuo blog mi ci devo abituare...come dire, è un po'...nero. Azzardo...juventino?

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  17. Eh eh, hai azzeccato... Comunque è un esperimento, nei prossimi giorni potrei tornare sulla vecchia strada...

    Riguardo alle donne hai detto una tristissima verità. Non sono mancate figure femminili importanti (mi viene in mente Nilde Iotti), ma niente di paragonabile allo strapotere maschile (almeno davanti alle telecamere).

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  18. @Sara: Uhm uhm, una donna? Facciamo che tra quelle quelle NON emerse dalle retrovie del potere ci sono quei gioielli che giustificano l'assenza di donne in quella lista.
    E pensa se ci fosse stato Pasolini.

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