domenica 12 marzo 2017

Obsolescenza programmata

Prima o poi diventeremo immortali. La strada è segnata. Pezzo dopo pezzo saremo in grado di sostituire ogni componente del nostro corpo: protesi meccaniche perfette, organi coltivati in laboratorio, nervi e vasi sanguigni nuovi di zecca. Arriveremo a dare la vista a chi l'ha persa o non l'ha mai avuta, cuore e polmoni costruiti su misura del ricevente, rimpiazzeremo nervi non più funzionanti. Ci sarà un giorno in cui ci accorgeremo che il nostro corpo – quello con cui nasciamo – è stato totalmente sostituito, magari anche più volte. Poco tempo dopo qualcuno trapianterà un cervello umano all'interno di un corpo nuovo, più efficiente, potenzialmente eterno. Qualcuno pensa che sia una follia fantascientifica, ma è processo già in atto, ci siamo dentro con tutte le scarpe.

Sarà allora che saremo costretti a parlarne. A tentare di imbastire la questione ai giorni nostri, 2017 d.C., si passa per nazisti, come se il problema non fosse davanti agli occhi di tutti, enorme, con il suo carico di sofferenza e di distruzione. Ma si fa silenzio, il mostro rimane in gabbia, malamente nascosto dietro agli occhi di chi vive il male sulla propria pelle, giorno dopo giorno, e forse non ha nemmeno il coraggio di elaborare quel pensiero che sembra così terribile.

Ma prima o poi succederà. Prima o poi saremo costretti a scegliere di morire. Perché c'è una cosa che non riusciremo mai a sostituire: la nostra mente. Immagazzineremo tutti i ricordi in un chip di grafene, ma non potremo replicarne l'effetto generato sulle nostre emozioni, sulla nostra indole. Non potremo sostituire neuroni senza provocare effetti devastanti sulla personalità. Non potremo guarire patologie che ci fanno dimenticare noi stessi. Potremo rallentarne l'avanzata, scopriremo tecniche più avanzate di prevenzione, ma non potremo tornare indietro. Ogni essere umano è un'opera d'arte unica, in continua evoluzione sulla base del vissuto quotidiano. La scintilla divina è insostituibile.

Per questo noi, e solo noi, programmeremo la nostra morte. Con serenità, senza imposizioni esterne, decideremo quando addormentarci per sempre. Quando non saremo più in grado di riconoscere i nostri figli, oppure, più semplicemente, quando saremo annoiati da una vita troppo lunga (esattamente al contrario dei replicanti di Blade Runner, costretti a vivere con febbrile intensità per via di una vita troppo breve), staccheremo la spina, e sarà il gesto estremo di libertà, non la sua negazione. Sarà il passo che porrà di fronte a ogni essere umano la domanda definitiva, il significato più profondo della vita, la domanda a cui troppa gente risponde con certezze granitiche ed estremamente fragili. Sarà il giorno in cui niente meno che il Papa deciderà di farsi da parte prima della scadenza naturale del mandato...

Giusto, Joseph?

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