lunedì 28 dicembre 2009

Un embrione congelato

13 giugno 2005: il referendum abrogativo della legge 40 sulla fecondazione assistita fallisce. Uno degli articoli della legge impedisce l'utilizzo degli embrioni congelati per la ricerca scientifica. Una legge controversa, ma 4 anni dopo la discussione è ferma, e gli embrioni sono sempre sotto ghiaccio.
Chissà, saranno contenti di questa situazione?


Nonostante tutto questo parlare, nessuno ha chiesto il mio parere…
Forse nessuno capisce la mia lingua. Deve essere così, perché sono qui da un bel po’ di tempo, e nessuno mi ha mai parlato. Nessuno ha tentato di parlarmi, nonostante avessi molte cose da dire, e ne ho ancora adesso! Soprattutto adesso!
Bel modo di trattare un essere umano…
Il fatto è che qui si muore dalla noia. Anzi, peggio, non si muore dalla noia. Si sta qui e basta, senza fare niente, senza vivere, senza morire. Sono qui – siamo qui – immobilizzati in gabbie come i leopardi (giusto, vero? Mi rivolgo ai miei eventuali ascoltatori: correggetemi se sbaglio. Non sono molto esperto del mondo di fuori) allo zoo. Non possiamo nemmeno dialogare tra di noi. Queste gabbie sono terribili, trasparenti come sono. Riusciamo a vederci tutti… oddio, non proprio tutti. Siamo troppi, migliaia, anche decine di migliaia, credo. Forse più.
Trasparenti, dicevo. E impenetrabili. Le nostre voci sono troppo flebili perché noi si possa comunicare. Eppure sarebbe un gran bel vantaggio – mal comune mezzo gaudio. E poi il freddo… il freddo fa davvero male. Ci blocca. Siamo tutti fermi, nessuno si muove. Soltanto la mente si muove, e pensa.
Cosa pensa? Cosa penso, io? Quasi sempre penso a una vita fuori di qui, una vita normale. Mi piacerebbe tanto crescere e cavalcare una bicicletta e sporcarmi la mia futura bocca di cioccolata. Quasi sempre vorrei piangere, ma non posso farlo. So che non accadrà mai. Non potrà mai più accadere.
Provo dolore, ma non rabbia, come può pensare qualcuno. Nessuno qui conosce questo sentimento, tanti conoscono a malapena la parola. Qualche tizio grande e grosso ci ha mollati qui, chissà perché. Per qual motivo non ce lo chiediamo, il perché?, direte voi. Non dimenticate, gente, che abbiamo poche ore di vita. Ok, c’è sempre qualcuno precoce (modestamente parlando), ma non pretendete troppo, per favore…
Io non so provare rabbia. Non ne sono capace, come nessun bambino è capace. Io so che sono qui per un motivo, come tutti a questo mondo, a questo universo.
Io so che sono qui perché qualcuno ha bisogno di me. Tutti nasciamo perché qualcuno ha bisogno di noi, e tutti lo sappiamo, quando siamo lunghi pochi centimetri e non sappiamo parlare. Poi con l’età questa consapevolezza viene sotterrata da miriadi di idee, concetti, preconcetti, pregiudizi. E troppi dimenticano.
Ma io so. So che una decina d’anni fa ho donato un rene a un bambino di dieci anni. So che un secolo fa sono affogato per salvare mio fratello, so che mille anni fa sono stato ucciso a cinque anni, forse meno, per nascondere un adulterio. Il mio corpicino è stato sotterrato, e lì è cresciuta forse una bella sequoia. È in piedi ancora adesso.
Io so che qualcuno avrà bisogno di me. Forse non i miei genitori, o meglio, quelli che mi hanno concepito, ma di certo qualcun altro, qualcuno che forse non conoscerò mai direttamente. Qualcuno che forse non saprà mai che io sono esistito, ma la cui vita sarà legata indissolubilmente alla mia. Così io non sarò morto, ma vivrò in qualcun altro, come un cuore trapiantato vive in un’altra persona.
D’altronde, perché sono stato concepito? Io di certo non avevo bisogno di niente e di nessuno. Semmai i miei “genitori”, allora, ritenevano di aver bisogno di me. Salvo poi cambiare idea.
Qui non servo a niente. Sono solo un sofisticato soprammobile. Forse a qualcuno potrei essere utile, magari anche in un lontano futuro, ma a nessuno importa, evidentemente, perché sono destinato al… gabinetto, giusto? È strano, perché mi sembra che gli stessi che a parole mi difendono siano gli stessi che poi tireranno lo sciacquone. Sinceramente la cosa non mi turba particolarmente. Tornerei alla madre terra, molto più accogliente di questa provetta. E forse farei da concime al pascolo di un simpatico pastore, con tante belle pecore che faranno tanto buon latte per tanti agnellini. Ma allo stesso tempo mi rammaricherei, e il mio istinto di essere umano ne sarebbe parecchio dispiaciuto. Quando scivolerò sull’acqua di una fogna sentirò distintamente quel qualcuno che aveva bisogno di me. Mi spiace, amico, non ho potuto far niente. Prenditela coi grandi, sono loro che comandano.

2 commenti:

  1. questa è una delle mille ingiustizie di cui siamo capaci
    come dici tu, da grandi si dimentica ciò che è veramente importante, che di certo qualcuno ha bisogno di noi, alcuni da grandi dimenticano, altri forse riscoprono...

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  2. Questo monologo naturalmente è un'invenzione, ma vuole sottolineare l'ipocrisia di una legge che non ha nessuna base logica, perché è stata studiata per scopi puramente ideologici, e da persone incompetenti, oltretutto...

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