giovedì 21 ottobre 2010
L'Illinois di Sufjan Stevens
Questo disco è uno dei più celebrati degli anni '00. Uscito nel 2005, Illinoise di Sufjan Stevens rientrava originariamente, assieme a Michigan, nel folle progetto del songwriter statunitense di dedicare un disco ad ognuno degli stati americani. Forse è stata proprio la curiosità per quest'idea così balzana ad avvicinare molti ascoltatori, o forse sono stati i chilometrici titoli, vere e proprie descrizioni dell'incredibile mondo racchiuso in questo album. Mi sono sempre chiesto, dai pochi ascolti su Internet, cosa ci trovasse la critica di così speciale in questo ragazzo dalla voce flebile e timida, che tratteggia in colori pastello gracili melodie sorrette da un banjo e da un pianoforte. Per cui un bel giorno ho deciso di procurarmi l'intero lavoro, un mattone di un'ora e un quarto che fa davvero spavento, e finalmente ho capito.
Un grande disco non si costruisce semplicemente mettendo assieme delle belle canzoni. Ci vuole qualcos'altro, un ingrediente impalpabile ed indefinibile che lo elevi ad Arte vera, che lo renda infinitamente migliore della somma delle sue parti. Grazie a questa magia anche gli anelli deboli risultano perfetti, integrati alla perfezione nel contesto del disco. Proprio per questo Illinoise è un grandissimo album. Ascoltarlo dall'inizio alla fine è un'esperienza straniante, indescrivibile, sobbalzati tra pezzi che sembrano arrivare dalla più grande festa di paese del mondo, con arrangiamenti sontuosi e mai ridondanti (Illinoise, Chicago, Jacksonville) a tracce che sembrano arrivare da una stanza buia, scarne e scavate di tristezza (John wayne Gacy, Jr., Casimir Pulaski Day). È musica fuori moda, eppure così moderna, fuori dal tempo e fuori dallo spazio. E se i primi ascolti risulteranno disorientanti, estenuanti, ci sarà sempre qualcosa che vi spingerà a farlo ripartire daccapo, una melodia che vi è rimasta in testa, una nota di pianoforte che vibra ancora in petto. Funziona così, Illinoise, con le sue canzoni così semplici e così complesse, stratificate, che scavano in maniera lenta ma inesorabile un cantuccio da cui niente potrà scacciarle.
Concedetevi un viaggio nell'Illinois, e dopo un po' di ritrosia iniziale non potrete fare altro che innamorarvene perdutamente, come è successo a me.
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rumore celestiale… ;)
RispondiEliminaquoto petrolio!
RispondiEliminaUau. Non avrei mai immaginato 'sto stile dall'immagine di sfondo!
RispondiEliminaE poi a me piacciono le cose fuori moda.
RispondiEliminaLa copertina è la cosa più brutta del disco...
RispondiElimina@Silas Flannery: siamo in due!