martedì 6 luglio 2010

Frati, baroni, servi della gleba

Ma quanto è ganzo Luigi Frati, il rettore della Sapienza di Roma? Di certo è uno che sa il fatto suo, senza peli sulla lingua, senza alcun timore di rilasciare dichiarazioni che possano essere impopolari. Ci vuole fegato, dall'alto del suo potere, a sparare ad alzo zero sui ricercatori. È come sparare sulla Croce Rossa. Ma d'altra parte a chi sparare? Su chi riversare la responsabilità ultima dell'inesorabile declino dell'università italiana? Sulla categoria universitaria più sfigata e bistrattata, ovviamente. Ma non c'è nulla da stupirsi, da uno come Frati. Basta dare un occhio alla sua biografia per capire il personaggio. È preside della facoltà di Medicina da un bel Ventennio tondo tondo, ventennio durante il quale si è impegnato moltissimo a sistemare moglie, figlia e figlio su cattedre intagliate accuratamente su misura, e durante il quale ha moltiplicato corsi e materie al fine esclusivo di sistemare i suoi favoriti. Il suo amore per l'università pubblica è talmente viscerale da spingerlo ad utilizzare, nel 2004, l'Aula Magna del suo istituto per il ricevimento di nozze della figlia, una festa grandiosa da 200 invitati. Questo è il pulpito da cui arriva il terribile anatema. Nulla di cui stupirsi, quindi. Uno dei tanti, tantissimi baroni di cui è infestata l'università italiana. Riconoscerli è facilissimo, anche per un esterno. I curricula sono tutti uguali: dopo l'età, che si attesta quasi sempre attorno ai 60-70 anni, se non oltre, troviamo una sfilza di "Professore emerito di", "Professore ordinario di", "Presidente di", "Direttore generale di", "Membro onorario di", eccetera eccetera. Accanto ai molti titoli onorifici, segno di una carriera lunga ed illuminata, abbondano denominazioni molto più prosaiche, ad evidenziare l'occupazione tentacolare di tutti i centri di potere. Uno pensa: ma come fa questo a stare dietro a tutto? È semplice: non ci riesce, e non si fa il minimo scrupolo a trascurare i suoi compiti principali, come le lezioni universitarie, o la supervisione attenta e costante del proprio reparto. Basta mandare un sostituto, oppure uno specializzando ad annunciare che "il professore è spiacente, ma non può tenere la lezione". Basta passare ogni tanto lungo i corridoi del reparto e fare la voce grossa di quello che ha tutto sotto controllo, soprattutto se c'è qualche VIP davanti a cui fare bella figura. È così che funziona, esattamente come nel Medioevo. C'è il re e ci sono i baroni, impegnati a servire e riverire il loro Dio personale, pur di mantenere i loro personali privilegi, i loro spazi privati. E scendendo lungo la piramide, giungendone ai piedi, troviamo gli ultimi, i servi della gleba, quelli che alla fine prendono le frustate se non portano il dovuto dazio al padrone. Indovinate chi sono.

7 commenti:

  1. sintesi esemplare.
    mi sono permesso di linkare su fb ;)

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  2. che gran post ale! veritiero, e ci sono tanti altri casi nelle università italiane (io sono da sempre rimasto in contatto con un mio professore con cui feci la tesi a messina, che ora è a udine e ha sempre combattuto questo clientelismo), efficace (spero che molti lo leggano), calzante (fotografa bene), denunciante (su chi dovrebbe davvero essere cacciato) e solidale (perché tanti ragazzi non restano purtroppo a fare i ricercatori) e tanto altro.
    bravo ale, veramente un signor post!

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  3. @Hugo88: hai fatto benissimo, grazie mille!
    @nico: quanti complimenti! Grazie davvero! A me sembra di aver scritto dei dati di fatto. Basta frequentare un po' l'ambiente universitario per rendersene conto, e leggere le accuse del Magnifico Rettore Frati mi ha provocato un insopprimibile reflusso biliare...
    @Ernest: grazie Ernest! È un argomento che mi tocca particolarmente, vivendo di persona, per forza di cose, quello che ho raccontato...

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  4. @Niente Barriere: grazie, siete troppo buoni!

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  5. Nella mia facoltà il boss arriva con la propria auto. Poichè l'edificio si trova in centro città e non c'è mai parcheggio, ordina al suo schiavetto (ricercatore di mercati finanziari) di aspettarlo sulla strada. Il barone scende e consegna l'auto al ricercatore il quale ha il compito di andare a cercare parcheggio. A volte il povero schiavo torna dopo un'oretta stremato...

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