giovedì 25 marzo 2010

Un tetto agli obiettori


Il Fatto di oggi pubblica un articolo molto istruttivo, che riporta numeri inquietanti: in Italia il 70% dei ginecologi si rifiuta di praticare l'interruzione di gravidanza, e in alcune regioni la percentuale arriva al 90%. Formigoni, in particolare, ha indetto in Lombardia una vera e propria crociata antiabortista, tagliando drasticamente i fondi per i consultori pubblici, a favore di quelli privati, ed inserendo una norma che dà la possibilità ai consultori familiari privati di "escludere dalle prestazioni rese quelle previste per l'interruzione volontaria di gravidanza". Ovviamente questi provvedimenti medievali non fanno altro che aumentare il mercato degli aborti clandestini, praticati con farmaci reperibili senza ricetta in ogni farmacia, con rischi enormi per la vita della madre.
Ho discusso molte volte di questo problema con diversi amici di medicina, tentando di sottolinearne l'immensa ipocrisia. Lo Stato che da una parte ti permette di praticare un'interruzione di gravidanza in maniera sicura e totalmente controllata, dall'altra te lo impedisce, a causa di politiche bigotte e retrograde e di un numero spropositato di obiettori di coscienza in ambito pubblico. O meglio, lo impedisce ai soliti poveracci che non possono permettersi il pagamento di una clinica privata (in cui magari, con un extra, si chiude un occhio sui limiti di tempo), mettendone così a repentaglio la vita. Tutti sono d'accordo nel dire che questa è una situazione intollerabile, ma non appena lancio un'idea che potrebbe risolvere in parte il problema, subito si leva un coro di critiche. L'idea è nata come semplice provocazione, grazie anche al contributo del fantastico Ministro dell'Istruzione Gelmini, ma più ci penso e più mi convinco che potrebbe essere la soluzione giusta, se non l'unica, che potrebbe porre un freno a questo schifo. Il provvedimento è semplice: un tetto agli obiettori di coscienza in ambito pubblico. Poniamo, che so, che su 10 ginecologi di un ospedale, 7 debbano essere disposti a praticare un aborto. A me pare banalissimo: se io vado in un ospedale pubblico per abortire (e la legge me lo consente), l'ospedale pubblico deve mettermi nelle migliori condizioni per farlo, e queste condizioni esistono se esistono medici disposti a praticarlo. La legge prevede che un ginecologo possa obiettare: benissimo, lo faccia, ma nel suo studio privato. Se la coscienza individuale di un ginecologo ostacola, quando non impedisce, il diritto ad abortire di una donna in ambito pubblico, possiamo fare della legge 194 carta straccia. D'altra parte, è quello che succede quotidianamente in moltissimi ospedali italiani.
Vi pare così campata in aria quest'idea? Discrimina gli obiettori? O è semplicemente un provvedimento che favorirebbe l'esercizio di un diritto riconosciuto per legge? Ditemi voi.

5 commenti:

  1. Non sarebbe giusto costringere un obiettore alla pratica dell'aborto.

    Semplicemente, l'ospedale deve garantire un certe numero di non obiettori sempre in servizio.

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  2. ci sarebbe da chiedere se il giuramento che hanno fatto era quello di ippocrate o da ipocrita visto che parecchi si dicono obiettori per poi fare gli aborti clandestinamente facendosi pagare...

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  3. Mi colpisce molto e nello stesso tempo mi rincuora che un ragazzo si ponga un problema che comunemente viene considerato di pertinenza femminile.
    M'immagino che l'impronta abortista o meno di un primario possa influenzare anche gli altri medici o determinarne la carriera. O forse penso male. A scanso di equivoci sarebbe giusto che chi obietta non operi in una struttura pubblica.

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  4. @Sara: l'obiezione di coscienza di per sé può anche essere condivisibile, è la modalità con cui il legislatore preserva la coscienza individuale di un medico. Il problema è che la coscienza individuale, o meglio la capacita delle varie logge legate alle Chiese (vedi Comunione e Liberazione), negli ospedali italiani, ha ormai sostituito quasi totalmente la legge 194. Per questo che dico che andrebbe inserito un tetto, oppure garantire una certa quota di non obiettori, come dice Sciuscia.

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  5. Di sicuro non è una questione facile, però l'idea di una quota minima non mi convince, oltretutto in tempi in cui il personale è risicato.
    E non mi sembra nemmeno giusto: se vai a lavorare in una struttura pubblica devi adeguarti al profilo professionale richiesto.
    Se tutti andiamo a lavorare portandoci dietro le nostre inclinazioni personali...
    Lo so che sono un po' gordiana,e l'argomento è troppo serio, è che stasera sono stanca! Ciao, ciao! Sara

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