mercoledì 3 marzo 2010

Solo un ripasso di storia?

Ieri sera l'informazione libera ha segnato un punto importante. Sembra un paradosso dirlo, nel giorno in cui un provvedimento inquietante ha fatto riunire nella stessa piazza i pezzi grossi del giornalismo televisivo, da Santoro a Vespa, passando per Floris. Potrebbe sembrare questo, il punto di cui parlo. Certo, il fatto che, per la prima volta, giornalisti così distanti tra loro protestino all'unisono contro la censura preventiva, è molto indicativo dell'atmosfera che si respira.
Ma io parlo di un'altra storia. Qualcosa di piccolo, all'apparenza, ma che ai miei occhi cela un potenziale esplosivo, qualcosa che forse ha fatto riflettere molti spettatori, molto più di Ballarò, Annozero e Porta a Porta messi assieme.
Chi ieri sera si è sintonizzato su Rai Tre sa di cosa parlo. Al posto di Ballarò la rete ha mandato in onda una storia nota: la vita e la morte di un regime. Una storia semplice, che parte da un signore che costruisce il suo consenso grazie ad una propaganda efficacissima, capace di mostrare un'Italia tanto efficiente e produttiva quanto fasulla. La gente è entusiasta, piazze sterminate lo acclamano. Rimane qualche voce dissidente, che esorta a non credere alle fandonie propinate dal regime, ma in breve tempo spariscono, una ad una, silenziate subdolamente, con discrezione. Il signore accresce il suo potere, la propaganda continua a tessere il consenso, ma inizia ad aprirsi qualche crepa, da cui si intravede la verità. Le voci critiche salgono di tono, e questa volta la repressione è manifesta, palese. Crollano le strutture istituzionali, tutti devono piegarsi alla volontà del padrone. I giornali mostrano folle sterminate che acclamano l'unico signore, mentre una folla altrettanto sterminata riempie le carceri, per non aver chinato la testa. La storia finisce nel sangue, ma è soltanto l'inizio di una nuova epoca, in cui la memoria andrà preservata, in cui una coscienza civile forte potrà e dovrà riconoscere i segni e i sintomi di ogni malessere, anche i più piccoli, per evitare che la storia si ripeta di nuovo.
Sento già un coro di voci contrarie: paragonare l'epoca berlusconiana al Ventennio fascista può sembrare una provocazione prevedibile e scontata. Mi spiace, mi spiace davvero tanto, ma un Ministro della Repubblica che dichiara pubblicamente di essere "pronto a tutto", pur di far passare liste presentate in maniera irregolare, è un segno allarmante dello stato in cui versa la nostra democrazia.
Vogliamo forse che la storia si ripeta?

4 commenti:

  1. Ho la sensazione che siamo i non pochi a non volere una deriva dittatoriale, he per certi versi si sta manifestando da tempo, seppur con altri mezzi e modi subdoli.
    Il programma è stato messo non a caso ieri sera, secondo me. Quella del resto è l'unica rete che trasmette ancora certi documentari...

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  2. Il programma è andato in onda per una coincidenza certamente sospetta: tuttavia sono certo della buona fede della trasmissione, che ha reso un servizio ai telespettatori, ossia diffondere un pezzo di storia.
    Ritengo in generale i paragoni con epoche storiche passate sempre difficili e azzardati e talora fuori luogo. Certo è che le regole devono essere rispettate da tutti, in primo luogo dalla politica che esprime i rappresentanti del popolo che vanno a comporre il potere legislativo. Inutile gridare alla morte della democrazia se non si seguono le regole basilari, affidando a degli incompetenti delle procedure fondamentali per la presentazione delle liste.

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  3. Io invece credo che i paragoni a volte servano, soprattutto se si parla di eventi accaduti pochi decenni fa. E' chiaro che il contesto è totalmente diverso, ma ritengo che in Italia in questo momento esista una sorta di "dittatura dei sentimenti", in cui la gente è portata, emotivamente ancor prima che politicamente, ad aggregarsi alla massa dominante. D'altra parte, c'è un humus molto fertile su cui costruirla: l'Italia è un paese che si informa pochissimo, legge ancora meno e spesso si affida ai luoghi comuni e agli slogan più beceri, per valutare. Inoltre, il sovvertimento costante dei fatti, da parte degli organi di informazione più seguiti (vedi Tg1, caso Mills), è un tipico strumento di regime. Non sto dicendo che stiamo tornando agli squadroni fascisti, ma credo che il rischio di una degenerazione violenta della situazione ci sia tutto, purtroppo.

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  4. No non vogliamo che la storia si ripeta, il problema è che non siamo la maggioranza, anche perché parecchia gente la storia, quella storia non la conosce neanche e non la vuole conoscere.
    La storia si sta già ripentendo ma molti, troppi sono impegnati a guardre reality o hanno ancora in mano il telefonino per il televoto.
    Non dobbiamo mollare
    un saluto

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