lunedì 14 settembre 2009

Yankee Hotel Foxtrot


Da un paio di settimane faccio molta fatica a staccarmi da questo disco. I Wilco l'hanno pubblicato nel 2002, pochi mesi dopo l'attentato alle Torri Gemelle. Ascoltare il disco avendo questa piccola informazione è importantissimo, aiuta a capire il perché della bellezza di Yankee Hotel Foxtrot. Ci si potrebbe chiedere, infatti, che cosa ci sia di speciale in un disco di una normalissima band folk-rock, come ce ne sono a centinaia negli Stati Uniti.
Basta una parola: empatia. Questo disco ha la sconvolgente capacità di sintonizzarsi alla perfezione con i sentimenti dell'ascoltatore. Tutte le tracce dell'album sono pervase dall'inquietudine, a tratti sottile, a tratti densa come una nuvola di fumo nero, come nel primo pezzo, I Am Trying To Break Your Heart: un ammasso di frammenti sonori e di macerie, tra cui si fanno strada una chitarra e una voce, timide, annichilite. Questo è il suono che forse descrive meglio di tante parole l'America post-11 settembre, distrutta, sconvolta, ma con la voglia di ricominciare, con il desiderio di una serenità perduta, o forse mai trovata. E non è forse la stessa serenità che ognuno di noi, giorno dopo giorno, cerca? La forza di questo disco sta tutta nel dialogo intimo che instaura con ognuno di noi, con le nostre paure, inquietudini, incertezze a volte insormontabili, ma che possono sciogliersi in un abbraccio caloroso, come nella finale, dolcissima, Reservations.
Ascoltare Yankee Hotel Foxtrot di notte può essere terapeutico, ma anche non lo fosse, credo che un po' di bella musica ogni tanto (e questa è musica bella davvero), non possa che fare bene.

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