martedì 15 settembre 2009

R. I. P.


Ecco la morte della democrazia italiana. Il processo venefico che ha condotto a questo inevitabile risultato deve essere iniziato una ventina d'anni fa, o forse più, quando tutto andava bene, i titoli di stato viaggiavano alla grande e Craxi non si era ancora beccato le monetine in faccia. Si stava bene, mentre il virus iniziava la sua diffusione, meticolosa e paziente. L'elettroshock di Tengentopoli rivelò tutto il ciarpame mascherato da quel benessere apparente, e in un giorno ben preciso, destinato a rimanere nella storia (26 gennaio 1994), la malattia si presentò al popolo travestendosi da cura, da rimedio necessario ed inevitabile.
In quindici anni la malattia ha ucciso l'Italia, giorno dopo giorno. Una morte lenta, poco appariscente grazie alla sua abilità, alla sua potenza. E' una malattia che non dà dolore, ma colpisce intimamente, rinsecchisce le coscienze fino a renderle aride come rami secchi, pronti a incendiarsi per il nemico di turno, a cui addossare la colpa di tutti i mali: il comunista, il meridionale, lo zingaro, il magistrato, il giornalista. Coscienze morte, allineate davanti al tubo catodico come soldatini, che credono di essere liberi perché hanno un telecomando in mano, liberi di passare da Emilio Fede a Studio Aperto, dal Tg5 a Porta a Porta. L'importante è crederci, credere a qualsiasi cosa la televisione vomiti, anche alle assurdità più palesi. Non serve leggere, non serve scavare sotto la superficie: il Piccolo Schermo è Verità.
La stessa verità che fra poche ore scorrerà in prima serata: lucidata con cura, e terribilmente fasulla. Ma questo non importa, basta fare il vuoto attorno, eliminare ogni punteruolo che possa sgonfiare la mongolfiera di balle che Berlusconi riverserà sui telespettatori. Eliminarli, senza troppi complimenti, senza giustificazioni, ché tanto va bene così, ché tanto le proteste sono dei soliti comunisti, stalinisti, giustizialisti, eccetera eccetera.
Forse è troppo facile pensare al fascismo, all'abilità del Duce nel plasmare la volontà del popolo a suo piacimento, ma è inevitabile, perché questo è fascismo. Questa è una dittatura, e tutto il mondo lo ha capito. Questa è la morte della democrazia italiana.
Sono certo che il Grande Fratello di Orwell, oggi, sarebbe un tizio di bassa statura e con tanti capelli trapiantati. E senza baffi.

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