Venerdì 17 aprile, Ronco di Cossato, provincia di Biella. La chiesa è piena, tutti ascoltano questo signore parlare di Dio, a modo suo, senza mai nominarlo. Parla della vita nascosta dietro la morte, di persone che si svelano, luminose, quando con tenacia si gratta via la miseria, l'ignoranza, l'indifferenza. Racconta storie che sembrano lontanissime, e scopro che un comune piemontese, Bardonecchia, è stato commissariato per infiltrazioni mafiose. Storie lontane, appunto, a due passi da noi.
La nostra coscienza, il fulcro di ogni cosa. La sua è un'esortazione gentile, ma ferma. Nessuna preghiera, nessuna richiesta d'aiuto, nessuna rivoluzione. Don Ciotti invita ognuno di noi a ribellarci, nel nostro piccolo, alle ingiustizie. Anche le più piccole, le più insignificanti. Tutto parte da noi, dalla nostra capacità di dire basta. Non serve a nulla insegnare, predicare la giustizia. Ci vuole una cultura, diffusa, della legalità. Lui non insegna niente, lui non è un eroe. Don Diana non era un eroe, Borsellino e Falcone non erano eroi. Solo uomini giusti, come tanti altri, sconosciuti, che ogni giorno conducono una piccola battaglia contro l'ingiustizia. La stessa battaglia che ognuno di noi deve compiere, senza clamore, da solo e con gli altri, continuamente. In questo modo l'impossibile diventa possibile.
Sono due ore piene, intense, stordenti. Usciamo dalla chiesa sconvolti, questo signore non ha parlato a noi, ha parlato di noi. Non c'è dubbio, abbiamo partecipato ad una Messa. Una Messa vera, piena di luce e speranza.
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