venerdì 4 ottobre 2013

Stiamo zitti

È successo qualcosa di strano e brutto ieri. Qualcosa che mi ha fatto credere di essere in un paese sconosciuto, e non quello in cui sono nato e cresciuto. Un paese che fino a due giorni fa sembrava sul punto di saltare per aria, in cui ogni minimo dettaglio di quel che capitava dentro il palazzo veniva vivisezionato, analizzato, deriso o esaltato, in cui il termometro dell'indignazione e della verve polemica arrivava a toccare vertici sempre più alti senza che nessuno se ne chiedesse il senso. In cui si scrivevano poemi psicanalitici su Facebook per spiegare l'accaduto, come se ci fosse bisogno di una qualche spiegazione che non fosse già scritta nella storia di questi vent'anni. Un giorno in cui alla fine non è successo nulla, o perlomeno nulla di imprevedibile. E così siamo andati a dormire sazi e in un certo qual modo soddisfatti di aver dimostrato a dovere la nostra rabbia.
Chissà, forse è questo è il motivo per cui, mentre arrivavano notizie sempre più terrificanti da Lampedusa, il mondo sembrava non accorgersi di nulla. Forse stava ancora smaltendo i postumi della sbornia del giorno prima, fatto sta che ieri non una voce si è levata per urlare l'orrore che stava (sta) accadendo. Non una voce del popolo, intendo. Eppure viviamo in un mondo in cui nessuno o quasi può più dire: "Non lo sapevo". Distrazione? Mancanza di parole? Ne sprechiamo a tal punto per mandare affanculo il politico di turno da non averne in tasca nemmeno una per una catastrofe del genere? Io non penso. Credo al contrario che evitiamo con accuratezza le complicazioni, le cose a cui non riusciamo a dare una risposta facile, le cose che non riusciamo a ridurre ai minimi termini. È semplicissimo indignarsi per la condotta della nostra classe politica, ci indigniamo e nel momento in cui lo facciamo operiamo una semplificazione, ci chiamiamo fuori dal problema. Non ci riguarda. E così l'indignazione diventa un semplice esercizio di stile, una gara a chi fa la battuta più spiritosa o provocatoria, uno sfogo la cui soluzione è sempre semplicissima, e quindi sicuramente sbagliata.
Cosa succede, invece, quando muoiono trecento migranti? L'indignazione non ha appigli, non ci sono semplificazioni. In fondo al nostro cuore sentiamo un barlume di senso di colpa, sentiamo che il fatto di essere su questa sponda e non su un'altra è solo questione di fortuna, casualità, provvidenza, di qualcosa che comunque non dipende dalla nostra buona condotta. E quindi stiamo zitti per non farla esplodere, questa sensazione, stiamo zitti perché parlarne significherebbe prendere coscienza, e di fronte a una presa di coscienza non si può restare indifferenti. Stiamo zitti per non impegnarci, per fingere che la cosa che non ci riguardi. Stiamo zitti per non avere distrazioni dalla nostra vita. Stiamo zitti perché siamo pigri. E c'è da chiedersi se siamo sempre stati così oppure è il nostro modo di vivere che ci ha fatto avvizzire a tal punto.

14 commenti:

  1. Non dirmi che hai ceduto pure tu alla moda di questi template dinamici spaccamaroni? Ti prego, torna al template di prima!

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  2. Sottoscrivo il commento qui sopra. Questi template sono lenti, metà delle volte non caricano immagini, sono tremendamente pesanti come traffico di rete, e sono esteticamente delle ciofeche. Era così bello il template vecchio: perché l'hai abbandonato?

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  3. Boh, a me questo stile essenziale non dispiace. Poi magari cambio idea eh...

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  4. Ma non eri tu che ritenevi la globalizzazione inevitabile?
    E queste tragiche migrazioni non sono prodotte proprio da questa globalizzazione a cui già hai deciso di arrenderti?
    Piangere i morti, credo sia naturale, credere che esista una soluzione "facile" che dipenda dalla nostra buona volontà, questo è un errore, ma proprio un enorme errore.
    Naturalmente, a scanso di equivoci, si può fare tanto per attenuare gli effetti più terribili di queste migrazioni, ma è necessario prima ammettere che la soluzione non è a portata di mano, serve ben altro (prima di tutto combattere la globalizzazione, dico io).

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    1. A me pare riduttivo dire che è la globalizzazione a causare queste tragedie. I fenomeni migratori, quale sia la loro causa, sono sempre esistiti e sempre esisteranno, e sono perfettamente consapevole che le soluzioni non siano per niente semplici e univoche. Io qui non ho voluto fare analisi politiche, ho semplicemente espresso una riflessione su come reagiamo a queste notizie. Lo so che la nostra buona volontà non può fare molto da sola, non sono così ingenuo, ma da qui all'indifferenza che ho visto passa un abisso.

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  5. OT: Ecco, adesso che hai riportato il blog su un binario più pratico, completa l'opera: metti link, blogroll, lettori e tutti gli altri widget sulla barra laterale, e sei a posto.

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  6. Ehi, c'è nessuno in casa? Ale, se ci sei batti un colpo!

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  7. Cantiamo il Miserere e il De Profundis per questo blog ormai morto.

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  8. Quando un blog cade preda dello spam, è davvero il caso di cantargli (per citare il commentatore sopra) il miserere e il de profundis...

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  9. Un blog che cade preda dello spammo è davvero morto e sepolto. Ci vanno davvero il miserere e il de profundis qui.

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  10. Ahò, è da mo' che anche il blog sta un po' troppo zitto! Che, sei morto?

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  11. Ok, sei tornato per cambiare il template - ma questo schifo di template non lo usa più nessuno! Torna a quello vecchio, grazie.

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    1. Punto primo: sto tornando.

      Punto secondo: io entro a casa tua e mi metto a gridare: che schifo di arredamento, torna a quello vecchio! Che te ne pare?

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