Ecco la grande menzogna, lampante come una macchia di sangue su una camicia bianca. Sono bastate tre bottiglie e un po' di stanchezza per svelarla. Si dice spesso che l'alcol annebbia la mente ma non è del tutto vero, esiste un momento in cui la realtà si spiega davanti a te come un lenzuolo, tutta intera, talmente luminosa da annichilirti... e tutto si riduce alla tua abilità o predisposizione nel saperla cogliere.
Vedi il momento in cui decidesti di diventare medico. Stai guardando E.R. accanto a tua madre, il dottor Carter sta annunciando a una donna che sua figlia probabilmente ha le ore contate. In un istante molto preciso qualcosa scatta nella tua testa. Nel momento più drammatico, quello in cui anche il medico più esperto perde un pezzettino di anima, decidi di voler fare quel mestiere, di voler ritrovarti prima o poi in una situazione così lancinante. Quando ti chiedono poi il perché di una decisione così repentina da parte di uno che fino al giorno prima parlava di letteratura e giornalismo racconti una verità parziale, le solite banalità legate all'idea di aiutare le persone eccetera eccetera, ma è una menzogna innocente perché priva di consapevolezza. Oggi e solo oggi comprendi a fondo quell'istante, mentre il sapore della prima birra rossa della tua vita riaffiora sulla lingua e sulla schiena senti il sudore scorrere nel tentativo estremo di allungare la vita di una donna. Per una di quelle strane e vertiginose associazioni di idee che prendono vita soltanto nell'euforia alcolica e nei sogni ti ritrovi a pensare ai mafiosi, a una vita intera passata a nascondersi, a cambiare faccia, a vivere da reclusi nel proprio minuscolo paese... in nome di che cosa? È così assurdo pensare che all'origine di tale follia ci sia la stessa motivazione, declinata in modalità totalmente diverse, che ti ha spinto, un giorno qualsiasi di quattordici anni fa, a decidere di fare quel che fai? Non è forse vero che molte guardie sono ladri che per una partita a dadi del destino finita bene hanno imboccato la strada giusta?
Non dirlo ad alta voce, è pericoloso.
C'è un ancestrale senso di potenza alla base di tutto, l'esaltazione primordiale nell'avere tra le mani l'esistenza di qualcun altro. E se la mano è destinata a diventare strumento di violenza o di sollievo... be', ringrazia o maledici i genitori, la scuola, gli amici e i particolari collegamenti sinaptici che identificano il tuo essere. Ringrazia madre natura che ha fornito gli uomini di un desiderio potentissimo, perché anche il troglodita più intransigente vuole far parte di qualcosa, ed è questa brama a spingere spesso verso il bene, verso la carezza nei confronti dell'altro. Ringrazia la tua voglia di stare bene, animalesca e quindi umana, e ringrazia tantissimo perché tu stai bene quando fai stare bene, perché quando fai stare bene ti senti vicino a un dio, e forse anche qualcosa di più. Ringrazia perché sai perfettamente di non esserlo, al contrario di altri.
Stringi con forza il boccale vuoto. La vertigine esistenziale in cui stai vorticando è ormai esaurita. Ti senti stanco. Domani la giostra riparte e sarà come ubriacarsi nuovamente, per cui ti rimane solo una cosa da fare: ringraziare questo meraviglioso liquido ambrato. Fragrante, amaro, in continuo movimento. In una parola: vivo.
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