mercoledì 17 agosto 2011

Cinque giorni (ovvero: la Festa della Liberazione dei Lavoratori della Repubblica)


Non cinque, ma sei giorni fa, mi trovavo lassù per iniziare l'escursione dei Cinque Laghi. Prima di prendere la cabinovia, scarponi ai piedi e zaino in spalla, abbiamo fatto colazione a Madonna di Campiglio in un bar della piazza centrale. Gli sguardi dei villeggianti e dei loro acconciatissimi animali da compagnia - quasi sempre candidi barboncini freschi di permanente - ci trapassavano da parte a parte. Quanta volgarità, quanta rozzezza nei nostri calzettoni, nei nostri pantaloni corti acquistati da Decathlon a venti euro. Noi ce ne siamo sbattuti, abbiamo bevuto il nostro caffè al banco (schifoso, se posso permettermi) e siamo usciti. La giornata era splendida, e la fauna vacanziera campigliana si muoveva al sole del mattino in una sorta di passerella lenta, come in sfilata, per non perdersi le novità della giornata: bellissime scarpe, mia cara! guarda l'orrendo colore di smalto di quella! ieri abbiamo mangiato carne di cervo appena cacciato! Per non parlare di noi, i nuovi arrivati, inquietanti presenze vestite malissimo che si permettevano di aggirarsi tra le vetrine piene di opportunità (Moncler in saldo a 800 euro: un affare) e di sedersi sulle panchine - che oltraggio - con Repubblica in mano, uno di quegli orrendi giornali che sbraita di crisi tutti i santi giorni. Ma dov'è la crisi? Qui si respira aria pulita, aria di festa tutto l'anno, estate e inverno. Qui cacciano il cervo ogni giorno apposta per noi. E così, mentre leggo che le feste laiche verranno raggruppate in un'unica celebrazione domenicale (ma soltanto se è il 29 febbraio, altrimenti si fa senza, e che sarà mai) e il senso di nausea inizia a dare fastidio, scorgo con la coda dell'occhio un tizio, uno dei tanti. Abbronzatissimo, qualcosa di più della mezza età, pantaloni bianchi, scarpe Tod's, Rolex al polso, panama in testa e maglioncino sulle spalle: addosso a lui sta l'economia domestica annuale di un paio di famiglie. Parla al cellulare, forse per finta, giusto per dar l'impressione di lavorare. Non ricordo la sua faccia, esempio classico di cuoio grinzoso e rattrappito a colpi di raggi UVA, ma ho pensato a lui quando ho letto la proposta di tale Tomat per contrastare la crisi: gli operai lavorino cinque giorni gratis all'anno. Ho pensato nell'ordine: al suo Rolex (nove mesi di stipendio, forse), alle sue scarpe (due mesi), ai suoi pantaloni (un mese) e infine al suo fitto dialogo al cellulare. Questo è il vero sacrificio, e questo vi basti: dover lavorare, o fingere di farlo, anche durante le vacanze, anche durante la Festa della Liberazione del Lavoratori della Repubblica, pensate un po'. Questa è la vera, dura vita di chi fa soldi, e il cervo appena cacciato, sappiatelo, non è poi così buono.

3 commenti:

  1. Posso immaginare quanto avete goduto ad ascoltare questa marea di cazzate e a farvi osservare! Grande Ale :-)

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  2. Si, anch'io ho fatto un post sulla proposta delirante di quel tizio...
    Godiamoci l'aria buona fino a quando è gratis, magari ci schiarisce le idee!

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