mercoledì 20 luglio 2011

Boomerang

Hai dimenticato come si guida. Attraverso il vetro oscurato il mondo esterno è buio e grigiastro, impastato in una monotonia di cui ti sei stancato da tempo. Quando attraversi la portiera che qualcun altro ti ha aperto avanzi a testa bassa, a spallate ti fai largo tra individui muniti di microfoni e registratori. Le loro domande si mescolano a formare una pappa indistinta. Per farli contenti butti lì parole a caso, le prime che ti vengono in mente, pronte all'uso per tutte le occasioni. Sempre sorridendo, naturalmente. Proprio mentre entri percepisci con la coda dell'orecchio un insulto, anche quello monotono e triste come tutto il resto, ma ti ferisce, è più forte di te. Al corso di formazione ti hanno spiegato come convertire gli insulti in potenti strumenti di potere, con tanto di esempi illustrati. Voltati, sorridi allo stronzo perdente che ti schernisce. È invidia, lo sai che è tutta invidia, sai che quello stronzetto sarebbe uguale a te al posto tuo. Te l'hanno spiegato. Sorridi.
I tuoi assistenti aspettano mentre tu corri in bagno. Ne hai bisogno fin da quando sei sceso dall'aereo. È dura la vita se non si usa qualche trucchetto. Ti guardi allo specchio mentre ti pulisci il naso: sei tutto sudato, ma chi se ne frega, oggi non ci sono le telecamere.
I posti accanto ai tuoi sono vuoti. Al momento giusto ti divarichi come un'ostrica incravattata e compi il tuo dovere. Dall'altra parte qualcuno urla qualcosa, ma non senti. Dopo sei o sette votazioni inframezzate da un paio di sospensioni per rissa, un sacchetto dell'immondizia posato sulla postazione del ministro dell'ambiente, fischi, sputi e un portatile lanciato dagli spalti apri il giornale sulla pagina sportiva. Un'altra giornata di lavoro è conclusa. Mentre osservi una foto del tuo capo che parla con un giocatore ti viene un'idea brillante, forse la prima da quando sei diventato un dipendente statale senza obbligo di cartellino. Un'idea che farebbe contento anche il tuo capo, a cui hai stretto la mano una volta e che non hai mai visto in un luogo di lavoro. È rischiosa, ma può funzionare. D'altra parte anche al corso di formazione dicono qualcosa del genere. Tiri fuori il portatile e inizi a scrivere, e così il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Non hai mai lavorato così tanto. Ti interrompi giusto il tempo necessario per premere il bottone giusto al momento giusto.
Giorno dopo giorno la coda del tuo orecchio sente gli insulti moltiplicarsi. Te l'aspettavi, ma non così tanto e in così poco tempo, per la miseria! Non sai cosa fare, forse non è stata una buona idea. Forse è meglio smettere. Ma poi succede qualcosa, cambia qualcosa: lo vedi nelle pagine dei quotidiani, nei siti, nei blog. È fatta, sta funzionando! Ma non basta, ci vuole una pennellata finale, un colpo da maestro. Prendi un foglio e inizi a scarabocchiarci qualcosa, poi raccatti una bandiera italiana. Piazzi su un cavalletto una telecamera digitale. Infine indossi una maschera.
Davanti alla telecamera accesa inizi a leggere: – 19 luglio 2011: questo è il primo videomessaggio di SpiderTruman...

Una settimana dopo, mentre percorri i soliti cinque metri che separano l'auto dall'ingresso, un dolce silenzio, lievemente increspato dalle domande afone dei giornalisti, ti accarezza i timpani. Prima di entrare ti volti per un istante a osservare lo spazio vuoto lasciato dallo stronzo perdente. SpiderTruman ha compiuto anche questo miracolo. Sorridi ai giornalisti, sorridi ai tuoi assistenti mentre entri nella toilette. Alzi gli occhi verso il tuo riflesso con il naso imbiancato e dici: sei un genio, prima di scoppiare a ridere.

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