Una volta al mese chi può va a fare la spesa, se così si può definire il rifornimento di scatolame contenente surrogati di carne e verdure e bottiglie di acqua dal sapore metallico. È il minimo indispensabile per sopravvivere, che tuttavia si divora tutti quanti i risparmi, buoni pasto sbiaditi e sgualciti stampati chissà quando. L'acqua è il problema maggiore: per acquistare una bottiglia della qualità più scadente occorrono centinaia di buoni pasto. I più audaci li falsificano, ma occorre molta astuzia. Uno straccione pieno di soldi desta sospetti, e il rischio di essere sbattuto in galera per qualche decina di anni - per chi riesce a resistere tanto a lungo - è troppo alto per chi deve mantenere una famiglia.
I ricchi possono permettersi cibo più sostanzioso, anche se ben lontano dall'essere paragonabile agli alimenti freschi. Ma la grande differenza è nell'acqua: per loro non sono proibitive le bottiglie provenienti dalle sorgenti più pure e incontaminate, che si procurano tramite vie sconosciute ai comuni mortali - bottiglie preziose che nessuno espone al mercato centrale. Troppo rischioso.
Per andare a fare la spesa bisogna indossare vestiti impermeabili e una mascherina (una maschera antigas, per chi può permettersela) e infilarsi in un buco che conduce alla fogna. Si procede lentamente, incolonnati, stando attenti a dare la precedenza ai servi dei ricchi. Si riconoscono dalle armi, e basta la vista di un fucile a spegnere sul nascere la più piccola idea di ribellione. È una marcia estenuante, l'aria è calda e puzzolente, ma meno velenosa di quella che soffia sulla terra sovrastante. All'ingresso una sorta di banda armata alle dipendenze dei ricchi controlla l'accesso al mercato. Chi non può pagare la quota d'ingresso non entra.
Il mercato si svolge in un edificio costruito tanto tempo fa, molto diverso dai container a tenuta stagna in cui si è costretti a vivere dall'aria inquinata. Porte e finestre sono state sigillate per impedirne l'ingresso, ma tutto il resto non è cambiato. C'è stato un tempo in cui la gente si chiedeva a cosa potesse servire un edificio dalla struttura così particolare. Qualcuno suggeriva chissà perché un particolare tipo di teatro, ma ben presto a nessuno importò più di rispondere. Tutto è intatto: i banchi di legno, le sculture e i dipinti, il pannello di bronzo raffigurante chissà quale momento storico. Ma nessuno ci bada più, troppo impegnato a comprare, vendere, barattare, contrattare, urlare, minacciare.
Chissà chi decise, tanto tempo fa, di violare un luogo così solenne. Forse, più semplicemente, non ci fu nessuna decisione: un giorno qualcuno entrò mentre tutti erano distratti e gli altri lo seguirono. Forse qualcuno in seguito si rese conto della violazione e tentò di combatterla, ma ormai era troppo tardi. E così chi può, una volta al mese, va a fare la spesa a Montecitorio, il mercato generale, per trascinare poco oltre un'esistenza rinsecchita, che non ha memoria del significato di una cosa chiamata dignità. Ma il veleno preme alle porte ermetiche, e quando i sigilli cederanno non ci sarà più scampo per nessuno.
Ciò che più mi ha colpito e fatto rabbrividire, in questo bel racconto multisignificato, è il fatto che anche prendendolo alla lettera se ne ricava qualcosa di molto probabile e realistico, e di paurosamente avverabile...
RispondiEliminaGià. Sono già entrati, e il mercato è iniziato.
RispondiEliminaNon è un racconto di fantapolitica, la compravendita sulle nostre vite anche se in forma meno smaccata già si svolge da tempo.
RispondiEliminaUn modo per bloccarla è votare 4 sì al referendum del 12 e 13 giugno... diventiamo martellanti su questo tema.
Chissà che non cambi presto musica!
RispondiEliminaDeve cambiare!!!
RispondiEliminaapocalittico e irreale racconto di una giornata di "spesa" quotidiana... le cose cambieranno ma in peggio, non c'è modo di arrivare al "fondo"
RispondiElimina